L’aspetto più problematico dell’art. 56 del Codice del Terzo settore risiede nella prescrizione di verificare, da parte delle pubbliche amministrazioni, che il ricorso alle convenzioni risulti “più favorevole rispetto al ricorso al mercato”. Si tratta di una locuzione inserita su richiesta del Consiglio di Stato in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo al fine di enucleare – così si legge nel parere – il “giusto punto di equilibrio” fra “la tutela della concorrenza [quale] principio euro-unitario cui deve uniformarsi sia l’attività legislativa sia quella amministrativa di ciascuno Stato nazionale” ed il “favor” espresso dal principio di sussidiarietà orizzontale.

Una lettura condivisibile della prescrizione induce a ritenere che non si tratti di una mera valutazione economica di riduzione dei costi gravanti sulla pubblica amministrazione (che, in quanto tale, comporterebbe la ricerca di un mercato col quale comparare le attività svolte dalle Odv e le Aps in convenzione: invece, in questa direzione, che qui non si condivide, Tar Marche, sez. I, 7 dicembre 2021, n. 850).

Si deve ritenere che la pubblica amministrazione debba verificare l’effettiva capacità delle convenzioni di conseguire gli obiettivi di solidarietà, accessibilità e universalità che la giurisprudenza euro-unitaria ha evidenziato come fondamento della disciplina. Di tale verifica, la componente economica è solo uno degli elementi da considerare, ma non l’unico. Diversamente, infatti, si dovrebbe ritenere che questa misura di promozione del Terzo settore possa trovare applicazione esclusivamente laddove essa determini un risparmio per la finanza pubblica, in possibile contrasto col disposto dell’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione (la sussidiarietà non si attiva solo a condizione che sia più economica!).

Il “maggior favore rispetto al mercato” richiede quindi che la pubblica amministrazione svolga una valutazione complessiva sugli effetti finali del ricorso ad una convenzione rispetto all’applicazione della disciplina di diritto comune per l’affidamento dei servizi sociali, con particolare riferimento all’ampliamento della platea dei destinatari, al livello qualitativo del servizio, agli effetti di integrazione sociale ed alla sollecitazione dell’attivismo civico. Fondamentale è l’aspetto della motivazione, anche in questo caso: spetta alla pubblica amministrazione rendere evidenti le ragioni che hanno supportato tale valutazione.