L’art. 56 del Codice del Terzo settore prevede una limitazione dell’ambito oggettivo alle sole attività o servizi sociali di interesse generale. Si tratta, quindi, di un ambito più ristretto rispetto a quanto previsto dall’art. 5 del Codice del Terzo settore (che enuncia le attività di interesse generale degli Ets), da interpretare sia alla luce del diritto interno (legge n. 328 del 2000 e delle leggi regionali che hanno disciplinato la materia), sia nella prospettiva, ben più ampia e comprensiva, tracciata dal diritto dell’Unione europea (COM(2006), Attuazione del programma di Lisbona: i servizi sociali di interesse generale nell’Unione).
Il Codice del Terzo settore, infatti, individua un ambito di attività di interesse generale ben più ampio di quello riferito alle sole attività o servizi sociali di interesse generale.
Inoltre, i servizi o le attività debbono essere svolti “in favore di terzi” (art. 56, c.1). Ciò significa che le convenzioni non possono essere stipulate al fine di soddisfare bisogni o interessi facenti capo agli associati dell’Odv o dell’Aps che le stipulano dovendo essere, invece, realizzati a favore di soggetti esterni. Si tratta di una prescrizione che escluderebbe l’applicazione dell’art. 56 del Codice del Terzo settore a tutte quelle Odv e Aps che svolgano attività – come consentito dal Codice stesso – oltre che per i terzi anche per i propri associati e per i loro familiari (ad es., si pensi all’ambito della disabilità). In concreto, è spesso difficile distinguere il confine. Un’interpretazione plausibile pare essere quella di ritenere che debbano essere escluse le convenzioni che riservano, in via esclusiva, lo svolgimento dell’attività o del servizio ai soli associati dell’Odv e dell’Aps o che contemplano l’instaurazione di un rapporto associativo come condizione di accesso alle medesime attività o servizi.









