L’art. 55 del Codice del Terzo Settore (d.lgs 117/2017) rappresenta la logica conseguenza di tutto ciò: enti pubblici ed enti del Terzo settore non sono più metaforicamente seduti dalla parte opposta di un tavolo a contrattare i termini di una compravendita; sono, al contrario, dalla stessa parte del tavolo, uniti dal medesimo intento di realizzare l’interesse generale, congiuntamente impegnati ad esaminare le possibili strade per farlo al meglio e di conseguenza, le strategie per reperire e allocare le risorse a ciò necessarie.
In sintesi, secondo l’art. 55 del Codice del Terzo settore, le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all'articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione, co-progettazione, accreditamento nel rispetto dei principi della Legge 241/1990.
In particolare le innovazioni rispetto al passato nei rapporti tra P.A. e enti del terzo settore riguardano:
1) Il coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni: sono coinvolte tutte le pubbliche amministrazioni e non solo gli enti locali come tradizionalmente avveniva in passato: quindi anche le aziende sanitarie, le scuole, l’amministrazione penitenziaria, ecc. L’effetto pratico di questa previsione è già oggi ben visibile, con le prime sperimentazioni di pratiche di amministrazione condivisa anche da parte di soggetti diversi dagli enti locali.
2) I settori di attività degli enti del Terzo settore: il riferimento è all’art. 5 del Codice del Terzo settore, quello che elenca i settori di attività degli enti del Terzo settore. L’oggetto della collaborazione non è più, come in precedenza, limitato al welfare, ma investe la generalità degli interventi nei settori di interesse generale citati dal Codice del Terzo settore e quindi il welfare, l’ambito sanitario e socio sanitario, l’educazione e la formazione professionale, la cultura e la salvaguardia del patrimonio culturale, l’ambiente, la cooperazione allo sviluppo, l’housing sociale, l’agricoltura sociale, l’inserimento lavorativo e molto altro.
3) Forme di co-programmazione, co-progettazione, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 241/1990”: questo opportuno riferimento, richiamato anche dalla sentenza 131/2020 della Corte costituzionale, fornisce una base procedimentale solida alle pratiche collaborative; in sostanza risponde alla naturale perplessità della P.A. che, condividendo il principio collaborativo, si chieda a quali norme fare riferimento, dal momento che il Codice dei contratti pubblici, con la sua impostazione fondamentalmente competitiva, appare chiaramente inadatto allo scopo. La risposta è appunto quella di fare riferimento alla legge sul procedimento amministrativo; saranno poi le linee guida approvate con DM 72 del 31 Marzo 2021 a operare una sintesi chiara a supporto degli enti pubblici che si interrogano su come configurare un procedimento amministrativo di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento in coerenza con la legge 241/1990.









