L'esistenza oggettiva di uno stato depressivo, del tutto privo di correlazione causale con lo svolgimento dell'attività lavorativa presso la Società, non può spingersi sino al punto da consentire ad un lavoratore di "scegliere il contesto lavorativo" più favorevole o gradito, vale a dire di rimanere lontano dall'azienda e prestare altrove la sua attività lavorativa. Il canone di grave violazione della buona fede e correttezza è ravvisabile nello svolgimento dell'attività lavorativa in favore di terzi, "oggettivamente idonea a ritardare il rientro in azienda", laddove costituisca "un'alternativa lavorativa scelta dalla lavoratrice".
Corte di Cassazione, Lav. 7 luglio 2020, n. 14086