L’“emendamento 3.100” approvato in Commissione Cultura del Senato al Decreto Scuola introduce un’importante novità per il mondo della scuola: l’estensione della Carta del Docente ai supplenti con contratto fino al 30 giugno, nonché al personale educativo.

Finora, la Carta (con bonus formativi) era destinata ufficialmente solo ai docenti con contratto a tempo indeterminato o a supplenti “storici” con contratti al 31 agosto.

L’emendamento, tuttavia, non è ancora vigente: per diventare legge definitiva, deve essere approvato anche dalla Camera entro l’8 novembre.

Tra le modifiche più rilevanti introdotte dall’emendamento:

  • Accesso alla Carta del Docente per i supplenti fino al 30 giugno: questo colma una discriminazione legale che ha generato contenziosi negli ultimi anni.
  • Acquisto di hardware e software: sarà possibile fin dal primo anno di servizio e, successivamente, ogni quattro anni. Questo serve per evitare che le risorse siano concentrate solo sui dispositivi elettronici.
  • Uso della card per spese di trasporto: ciò consente di alleggerire il costo giornaliero che grava sui lavoratori della scuola.
  • Le modalità operative e l’importo annuale della carta saranno definiti da un decreto ministeriale da emanarsi ogni gennaio.
  • L’avvocato Walter Miceli (rappresentante legale del sindacato Anief) ha sottolineato che azioni sindacali e giudiziarie hanno giocato un ruolo fondamentale nel forzare questa apertura normativa.
  • In particolare, la Corte di Giustizia europea con una sentenza del 3 luglio ha stabilito il principio di parità di trattamento tra lavoratori con contratti determinati e indeterminati, affermando che la Carta deve essere riconosciuta anche ai supplenti (brevi o saltuari) purché abbiano svolto almeno 150 giorni di servizio per anno scolastico.

Questa sentenza ha dato impulso e fondamento legale a numerosi ricorsi che richiedono il riconoscimento degli arretrati della Carta del Docente per supplenti esclusi in passato.

Le criticità che restano da affrontare

Non tutto è stato risolto. Restano infatti aspetti controversi:

Esclusione dei contratti inferiori al 30 giugno
L’emendamento non estende la Carta ai supplenti con contratti più brevi di durata inferiore al 30 giugno, nonostante le pronunce giurisprudenziali (incluse quelle europee) abbiano indicato che anche tali forme di contratti (se con almeno 150 giorni di servizio) dovrebbero essere riconosciute. Miceli ha definito questa esclusione come un “errore del legislatore”.

** Supplenze brevi non riconosciute**
Anche se la giurisprudenza ha stabilito che i supplenti brevi con almeno 150 giorni di servizio per anno scolastico hanno diritto alla Carta, l’emendamento non sembra includerli esplicitamente.

Importo della Carta
Miceli ha sollecitato che si mantenga l’importo attuale di 500 euro annui per la Carta del Docente, dato che ormai è diventata uno strumento consolidato per la formazione e l’aggiornamento.

Modalità attuative da definire
Poiché molte specifiche operative (importo, tempistiche, modalità di utilizzo) saranno definite in un decreto ministeriale, fino a quel momento restano dubbi su come si applicherà concretamente la misura.

Arretrati e ricorsi
Per i supplenti che negli ultimi cinque anni hanno svolto incarichi con contratto al 30 giugno, resta aperta la via dei ricorsi per ottenere gli arretrati (fino a circa 2.500 euro).

Valutazione e prospettive

L’emendamento rappresenta indubbiamente un passo avanti significativo verso una maggiore equità tra docenti precari e stabili. A lungo le differenze nei diritti (tra chi ha contratto fino al 31 agosto e chi fino al 30 giugno, o addirittura contratti più brevi) hanno alimentato contenziosi e sentimenti di ingiustizia nel personale scolastico.

Tuttavia, le omissioni — in particolare l’esclusione dei contratti più brevi — rischiano di lasciare ancora fuori fasce di docenti che, secondo la giurisprudenza europea, avrebbero titolo al diritto. Per questo, molto dipenderà dal testo definitivo approvato a Montecitorio, nonché dal successivo decreto attuativo che definirà modalità, procedure e importi.

Se il governo vorrà davvero chiudere le discriminazioni, sarà necessario:

  • includere esplicitamente i supplenti “brevi” che abbiano lavorato almeno 150 giorni, indipendentemente dalla durata del contratto;
  • garantire che l’importo rimanga consistente e adeguato alle esigenze di formazione;
  • stabilire modalità trasparenti e semplici per l’accesso e l’utilizzo della carta anche da parte dei precari;
  • prevedere misure transitorie per gestire i ricorsi e liquidare gli arretrati con efficienza.

Questa proposta normativa, se confermata, potrebbe segnare una svolta nella politica del lavoro della scuola, riducendo le distinzioni tra personale con contratti diversi e promuovendo l’aggiornamento professionale anche per chi vive situazioni di precarietà.