Il contenzioso amministrativo fa parte del sistema della giustizia amministrativa che comprende tutti i rimedi che consentono al cittadino di ottenere tutela avverso quegli atti o quei comportamenti amministrativi che hanno arrecato un pregiudizio alla sua posizione giuridica. Sia la tutela amministrativa che quella giurisdizionale vengono attuate in seguito alla presentazione di un ricorso da parte del privato, attraverso il quale il privato può ottenere dalla pubblica amministrazione la decisione su una controversia o il riesame di provvedimenti ritenuti non conformi alla legge. I ricorsi amministrativi,dunque, rappresentano strumenti di protezione previsti a favore dell'amministrato volti a fornire in seno allo stesso ordine amministrativo una soluzione contrasti senza la necessità di ricorrere alla tutela giurisdizionale.
Nel caso del contenzioso amministrativo, pertanto, l'atto di iniziativa è rivolto ad un'autorità amministrativa, diretto ad ottenere il riconoscimento della nullità, l'annullamento, la revoca o la riforma di un provvedimento.
Secondo l'impostazione tradizionale, alla tutela amministrativa si possono riconoscere le seguenti funzioni:
- ricercare nello stesso ordine amministrativo una soluzione alle controversie insorte nel suo ambito e che coinvolgono interessi della pubblica amministrazione, evitando il ricorso a mezzi giurisdizionali;
- consentire alla pubblica amministrazione di riesaminare la questione ed eventualmente di correggere i propri errori;
- consentire agli interessati di presentare direttamente le proprie ragioni ed obiezioni alla pubblica amministrazione favorendo in sede di riesame dell'atto quel contraddittorio che può essere mancato in sede di deliberazione dell'atto impugnato;
- consentire agli interessati di far valere nei confronti della pubblica amministrazione non solo vizi di legittimità dell'atto ma in alcuni casi anche di merito, opponendosi alle determinazioni della pubblica amministrazione ed alle scelte da questa operate.
Il ricorso amministrativo dà vita ad un procedimento amministrativo di secondo grado e culmina in un nuovo provvedimento amministrativo avente il carattere di decisione. Nel decidere i ricorsi amministrativi, dunque, la PA è chiamata a svolgere una funzione amministrativa giustiziale, nel senso che essa deve agire come se fosse un giudice terzo ed imparziale.
I ricorsi amministrativi si distinguono in: ricorso gerarchico proprio, ricorso gerarchico improprio e ricorso in opposizione che sono mezzi di impugnazione di tipo ordinario, esperibili, cioè,avverso provvedimenti non definitivi sia per fa valere diritti soggettivi che interessi legittimi ed il ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Il ricorso al Presidente della Repubblica è un rimedio giustiziale di tipo straordinario per tutelare le situazioni giuridiche soggettive lese da provvedimenti definitivi. Si tratta, inoltre, di un mezzo di impugnazione a critica vincolata, potendo con esso essere dedotti solo vizi di legittimità e non di merito.
La definitività di un atto è dirimente per stabilire se sia o meno esperibile un ricorso ordinario o straordinario: il provvedimento diventa definitivo dopo la decisione sul ricorso gerarchico o decorsi 90 giorni dalla proposizione del ricorso, anche se non vi è stata alcuna decisione. Inoltre, un provvedimento può essere definitivo per legge, perché non vi è autorità superiore che possa sindacare il provvedimento e decorso il termine previsto per proporre ricorso.
Possono presentare ricorso tutti i soggetti (persona fisiche o giuridiche) che abbiamo interesse e cioè tutti coloro che, ritenendosi lesi da un provvedimento della P.A., abbiano interesse all’annullamento di esso, a norma degli artt. 1 e 8 del D.P.R. 1199/1971. L’interesse deve essere personale, in quanto deve riferirsi al soggetto che propone il ricorso, caratteristica da non confondere con la individualità in quanto in alcuni casi è ammesso il ricorso per la tutela di interessi collettivi. L’interesse deve poi essere attuale, perché il ricorrente deve aver subito una lesione concreta e immediata in conseguenza del provvedimento oggetto del ricorso. Deve infine essere diretto perché non è legittimato a ricorrere un soggetto diverso dal titolare della situazione soggettiva coinvolta.
Gli elementi comuni a tutti i ricorsi amministrativi, pertanto, sono i soggetti, l'oggetto, l'interesse sia quello protetto che quello a ricorrere e le condizioni di forma e di tempo.
Per quanto riguarda i soggetti possono fare ricorso tutti i soggetti siano essi persone fisiche persone giuridiche o associazioni non riconosciute. Per quanto riguarda le persone giuridiche il ricorso è presentato dall'organo che ha la rappresentanza dell'ente.Relativamente all'interesse, come già precedentemente detto, il ricorso amministrativo può essere proposto solo da chi ritenendosi danneggiato dall'atto della pubblica amministrazione abbia interesse al suo annullamento. Il ricorso deve essere redatto per iscritto e presentato all'organo indicato nella comunicazione che ha emanato l'atto impugnato, direttamente o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Quanto agli elementi del ricorso esso deve contenere:
- l'indicazione dell'autorità cui è diretto: tale indicazione deve essere stata data all'atto della comunicazione del provvedimento con l'indicazione dell'organo a cui l'eventuale ricorso deve essere indirizzato;
- gli estremi del provvedimento impugnato;
- i motivi del ricorso, cioè i vizi di legittimità o di merito su cui lo stesso si fonda;
- la sottoscrizione del ricorrente;
- l'oggetto del ricorso. Mentre i ricorsi a carattere impugnatorio hanno ad oggetto un atto amministrativo, i ricorsi non impugnatori ineriscono ad un comportamento dell'amministrazione, per esempio il silenzio, oppure ad un rapporto cioè una controversia nata tra la Pubblica amministrazione e un terzo, oppure tra più soggetti estranei alla PA.
Non possono essere impugnati quegli atti che pur presentando i requisiti formali e sostanziali degli atti amministrativi sono privi di autonoma capacità lesiva. Tali sono gli atti preparatori, gli atti confermativi, gli atti esecutivi e gli atti politici. Nell'ambito degli atti non definitivi impugnabili, la prevalente giurisprudenza ricomprende, in base ai principi generali in tema di ricorsi giurisdizionali, anche il silenzio rifiuto e assenso e gli atti paritetici.
A norma dell’art. 14 del D.P.R. 275/99, le istituzioni scolastiche si pongono quali soggetti giuridici autonomi ed i dirigenti scolastici sono identificati come i legali rappresentanti nei rapporti con i terzi (art. 25 D. Lgs. 165/2001) per situazioni giuridiche attive e passive.
L'attribuzione, con il 1° settembre 2000, alle istituzioni scolastiche di numerose funzioni già di competenza dell'Amministrazione centrale e periferica, tra cui quelle in materia di personale con contratto di lavoro a tempo determinato, a norma dell'art. 14 del D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275. Detta norma al comma7 prevede altresì che nelle materie trasferite i provvedimenti delle istituzioni scolastiche siano assoggettati solo a reclamo rivolto allo stesso organo che li ha adottati, e divengano quindi definitivi.Si tratta di un ricorso amministrativo atipico rivolto alla stessa autorità che ha emanato l'atto anziché a quella gerarchicamente superiore. Non è un rimedio di carattere generale ma è eccezionale, utilizzabile solo nei casi tassativi in cui la legge lo ammette, in quanto l'autorità che ha emanato il provvedimento non è di regola la più idonea a giudicare il proprio antecedente operato. Anche il ricorso in opposizione, perciò, può essere proposto sia per motivi di legittimità che di merito e a tutela di interessi legittimi o semplici oltre che di diritti soggettivi.
Pertanto, tornando al sistema scolastico, il ricorso gerarchico dinanzi all’USR non è più esperibile.
Eventuali reclami aventi ad oggetto questioni inerenti l’attività didattica, le iscrizioni o mancate iscrizioni (per cui si richiede una collaborazione attiva finalizzata a garantire l’osservanza dell’obbligo scolastico), le problematiche afferenti i rapporti tra scuola e alunni e loro famiglie, gli infortuni, nonché i provvedimenti di non ammissione alla classe successiva o all’Esame di Stato, devono dunque essere inoltrati al Dirigente Scolastico competente in ragione delle sue esclusive competenze in materia.
I provvedimenti adottati dagli organi collegiali della scuola e dalle commissioni d’esame riguardanti le valutazioni degli alunni sono atti definitivi e pertanto impugnabili in via giurisdizionale alternativamente al TAR, entro il termine di 60 gg. dalla pubblicazione all’Albo delle istituzioni scolastiche dei risultati degli scrutini e degli esami, ovvero con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro 120 giorni. Trattandosi di atti definitivi, in teoria non dovrebbe essere ammesso il reclamo. E’ pur vero che molti “reclami” si riferiscono a vizi procedimentali nella gestione delle valutazioni degli alunni, invocando l’esercizio della vigilanza amministrativa che tuttavia, per essere proficuamente esercitata, in tempi rapidi e con la dovuta efficacia, necessita di una serie di condizioni, soprattutto relative degli impegni del personale a ciò qualificato, che non consentono assolutamente l’attivazione di una tale incombenza, salvo casi particolarmente gravi che comunque vengono rilevati all’interno del piano di vigilanza predisposto. Nel caso di errori meramente materiali, nella prassi è ammesso il reclamo.
I “reclami” avverso le procedure di scrutinio e di esame delle scuole vanno proposti alla stessa autorità responsabile dell’atto conclusivo del procedimento, il dirigente scolastico. Il ricorso gerarchico, previsto in via generale dalla legge per gli atti amministrativi non definitivi, nello specifico caso non può essere proposto, anche in considerazione della evidente circostanza che l’Ufficio Scolastico non si pone in relazione di sovraordinazione gerarchica, né delle Istituzioni scolastiche autonome, né delle Commissioni di esame. Esso conseguentemente, rimane sostanzialmente estraneo a tale modalità di impugnativa.
Qualora la parte interessata abbia necessità di estrarre copia degli atti di interesse è compito delle segreterie dell’istituto depositario degli atti consentire l’accesso, previo accoglimento dell’istanza da parte del dirigente scolastico, che, avuta comunicazione del reclamo, deve valutare una delle seguenti alternative:
- nel caso di fondatezza manifesta delle ragioni ivi richiamate accoglierlo o rigettarlo, motivando;
- nel caso in cui le questioni proposte eccedano i limiti di operatività del dirigente, procedere alla verifica degli atti oggetto di censura (è potere del dirigente procedere anche all’apertura dei plichi previa redazione di apposito verbale delle operazioni) e proporre, a conclusione dell’istruttoria, eventuali modifiche da apportare, per esempioa cura dell’organo collegiale che ha formulato il giudizio per sanare eventuali anomalie riscontrate.
In alternativa disporre per l’archiviazione dell’atto (in caso di mancanza di riscontri di fondatezza del reclamo).In casi particolari si potrà, eventualmente, con relazione motivata, coinvolgere il corpo ispettivo per gli accertamenti ulteriori, secondo quanto possibile nell’ambito delle attribuzioni di cui agli articoli 8 e 9 del DPR 11/2/2014 n 98. Infine, ove si dovesse prevedere una riconvocazione della commissione di esame, il dirigente deve essere inoltrare richiesta direttamente all’USR per competenza. Ovviamente, sempre dopo aver effettuato l’istruttoria e con nota esplicativa e motivata.
di Anna Armone