La violazione dell'art. 4, lett. c) del d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547 (che obbliga datori di lavoro, dirigenti e preposti a «disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione») non può essere desunta dalla mera verificazione dell'evento infortunistico, ma postula la prioritaria dimostrazione della relativa condotta omissiva. L'assolvimento degli obblighi imposti da tale norma, dovendo essere verificato con riguardo alle peculiari caratteristiche dell'impresa, ai tipi di lavorazione ivi effettuati, all'entità del personale e ai diversi gradi di rischio, non comporta, sempre ed in ogni caso, una sorveglianza ininterrotta o la costante presenza fisica del controllore accanto al lavoratore; ma può anche sostanziarsi in una discreta, seppure continua ed efficace, vigilanza generica, intesa ad assicurarsi, nei limiti dell'umana efficienza, che i lavoratori seguano le disposizioni di sicurezza impartite ed utilizzino gli strumenti di protezione prescritti, tenuto altresì conto che l'obbligo di vigilanza subisce un’ulteriore attenuazione, in base ad un principio di ragionevole affidamento nelle accertate qualità del dipendente, in ipotesi di provetta specializzazione dell'operaio addetto da lungo tempo, e con approfondita conoscenza del macchinario impiegato, ad una determinata lavorazione.
Corte di Cassazione Sez. Lav. 16 marzo 2016, n. 5233