In caso di annullamento in via di autotutela da parte della p.a. datrice di lavoro (nella specie, l'azienda ospedaliera) del provvedimento di collocamento in quiescenza di un lavoratore per la mancata maturazione dei requisiti di legge (adottato per l'errata verifica da parte dell'amministrazione della sussistenza dei presupposti alla luce della normativa vigente) con contestuale reintegra del lavoratore nel servizio, la p.a. è tenuta a procedere alla restituito in integrum del rapporto con riguardo sia al profilo economico che a quello giuridico, attesa l'avvenuta eliminazione ex tunc degli effètti dell'atto annullato; ne consegue che il dipendente ha diritto alla ricostruzione della camera e al pagamento delle retribuzioni che avrebbe percepito se fosse rimasto ininterrottamente in servizio (detratti solo gli emolumenti collegati all'effettiva esecuzione della prestazione lavorativa), senza che assuma rilievo, trattandosi di fatto imputabile all'amministrazione e attesa la buona fede del lavoratore, che la prestazione non sia stata resa od offerta (nella specie, la S.C. ha altresì ritenuto corretta l'affermazione, da parte della corte territoriale, della concorrente responsabilità dell'ente di previdenza che aveva lasciato trascorrere oltre sei anni prima di avvedersi dell'errata attribuzione del trattamento pensionistico).
Corte di Cassazione, sez. lav., 17 ottobre 2013, n. 23611.