Buongiorno, la famiglia di un ragazzo con DSA chiede che il figlio possa registrare le lezioni per poterle rielaborare con più agio a casa, come suggerito dal neuropsichiatra, modificando il pdp. Al riguardo non c'è nulla nel regolamento d'istituto. Ricordo che il vademecum scuola del Garante non poneva ostacoli alla registrazione, fatta per uso strettamente personale. Ora però ho visto una sentenza della Cassazione, che rigetta il ricorso di un docente che registrava le sue lezioni, affermando che tale registrazione comporta una violazione della privacy degli alunni presenti in classe (che intervengono, parlano ecc).
Cosa mi suggerite di fare rispetto alla specifica richiesta, anche tenendo conto che in presenza di dsa la registrazione rappresenta effettivamente una buon strumento compensativo. Come si può procedere? Informo le altre famiglie? E se qualcuno si oppone? E si allarga la platea di chi vuole registrare?

Risposta

Come riportato nel vademecum sulla scuola dal Garante Privacy, la registrazione della lezione per finalità strettamente personali secondo la finalità dello strumento compensativo è certamente lecita. Preliminarmente, Le consigliamo di redigere un’informativa privacy e un allegato al regolamento d’istituto ad hoc per regolare tale fattispecie. Di seguito vediamo di argomentare per chiarire la questione.

Come delineato sin dalla Legge n. 675 del 31 dicembre 1996 le pubbliche amministrazioni, e quindi le scuole, non devono adottare il consenso dagli interessati (genitori, alunni, insegnanti, ecc..) come presupposto per trattare i dati personali, perché devono agire sulla base di una norma di legge o di regolamento che prevede la finalità per cui esso è svolto (secondo l’art. 2-ter del Codice Privacy così come modificato dal d.lgs. n. 101/2018).

Così ad esempio sulla base del DPCM 4 marzo 2020 le scuole adottavano strumenti informatici per svolgere la DAD e quindi venivano redatte le informative privacy rivolte alle famiglie sul trattamento dei dati personali nella didattica a distanza. Tra l’altro in molti casi le informative privacy sulla DAD contemplavano la possibilità di adottare i suddetti strumenti informatici per costituire – anche successivamente al superamento della fase emergenziale – l’avvio di metodologie didattiche online da affiancare a quelle consuete. Nell’informativa pertanto deve essere prevista, quale norma che funge da base giuridica del trattamento dati personali, l’art. 5 della legge n. 170 del 2010 sulle “Misure educative e didattiche di supporto” che al comma 2 prevede appunto che “Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, garantiscono: […] b) l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere”.  

Per quanto riguarda la sentenza della Cassazione da Lei riportata (ossia Cassazione civile, sez. lav., 05/05/2022, n.14270), si tratta di una controversia non particolarmente aderente alla questione da lei sollevata perché differiscono alcuni presupposti fattuali decisivi: 1) la vicenda è accaduta nel 2010 quindi ben otto anni prima dell’entrata in vigore della riforma sulla privacy, questo è un po' un male comune del nostro sistema giuridico, che non consente di prendere sempre come riferimento le pronunce della Cassazione perché intervengono su giudizi instaurati anche un decennio prima… e magari sono intervenute più riforme sul tema trattato. E la Cassazione nonostante il suo ruolo nomofilattico dirime la controversia ratione temporis;

2) l’azione non era posta in essere da parte della scuola, ma dal singolo insegnante, quindi il criterio dirimente non atteneva alla legittimità del trattamento dei dati personali, quanto alla qualificazione del dato registrato - ossia le voci degli alunni - quale personale o meno, e quindi se tale comportamento dell’insegnante fosse o meno censurabile sotto la lente del Codice della Privacy, e così è stato perché la registrazione della voce consentiva di identificare le persone interessate, gli studenti. Quindi, sempre per comprendere al meglio la diversa lente sotto il quale occorre agire in ambito di privacy a scuola, non era supportata da alcuna previsione normativa l’iniziativa dell’insegnante. Semmai tale sentenza dipana ogni dubbio, caso mai vi fosse, circa la rilevanza della questione prospettata nel nostro caso in ambito di privacy, infatti la voce degli altri studenti e degli insegnanti deve essere certamente considerata come dato personale, e da tale considerazione promana l’interezza degli accorgimenti che devono essere adottati.

Questa è la prospettazione del caso che consente di affermare che l’iniziativa è certamente perseguibile. A parere di chi scrive anzi è un dovere piuttosto che una possibilità. Suggeriamo pertanto a livello interlocutorio di farlo presente al Consiglio di classe e successivamente comunicarlo alla famiglia dell’alunno, tenendo sempre ben presente l’uso strettamente personale della registrazione che deve essere fatto dall’alunno e dalla sua famiglia.

Quanto ai due documenti che certamente occorrono in tal senso, quali l’informativa privacy e la sezione ad hoc del regolamento interno d’istituto ce ne possiamo occupare noi certamente. La redazione richiederà qualche giorno in più di lavoro essendo documenti complessi e le trasmetteremo appena pronti.

Rimaniamo come sempre a disposizione per ogni chiarimento ed eventualità,

Un cordiale saluto.

Euroedizioni