Esistono ampi spazi di manovra per i docenti, grazie alle prerogative costituzionali dell’autonomia e della libertà di insegnamento, per ribaltare l’ordine delle priorità e concepire una didattica eccellente che promuova le potenzialità di tutti sul piano delle conoscenze e dei saperi, predisponendo gli ambienti di apprendimento per valorizzare le differenze e la pluralità delle attitudini, preferire all’ascesa di singoli e minoranze elitarie, la promozione collettiva.
Sul piano della didattica, la prevenzione dei deficit cumulativi passa dall’abbandono di modelli trasmissivi col corollario della lezione direttiva, i compiti per casa, le ripetizioni private che esasperano gli effetti discriminanti del differenziale socio - familiare.
Si dovrebbe riflettere sulla validità del modello che relega lo svantaggio socio - culturale al bisogno speciale e alle relative misure riparative ed emendative giocate nelle personalizzazioni e nella differenziazione “al ribasso” dei percorsi di apprendimento. Piuttosto, l’approccio inclusivo dovrebbe tendere alla centralità e al protagonismo di ogni cultura e condizione che diventa svantaggiata se non si riesce a capire e valorizzare i suoi tratti e i suoi codici, evitando l’estraniamento, l’emarginazione, la patologizzazione delle diversità. Ad esempio, se si dà rilievo alle competenze esecutive, alla spazialità, all’intuizione pratica, alle dimensioni emotive, se si valorizza la pluralità di linguaggi e intelligenze che sono presenti nel gruppo - classe, si possono creare le condizioni per “portare avanti tutti” prevenendo, i deficit cumulativi, gli insuccessi, i fallimenti. Nella gerarchizzazione delle intelligenze e dei saperi affondano le radici dell’annosa divaricazione tra lavori manuali e professioni intellettuali frutto di percorsi di studio prolungati, non risolta dalla costituzione repubblicana che offre una via per il passaggio di status ai “capaci e meritevoli”. La chiosa più efficace è senz’altro quella di Lorenzo Milani: “Gli onorevoli costituenti credevano che si patisse tutti la voglia di “cucir budella” o di scrivere ingegnere sulla carta intestata (...). Tentiamo invece di educare i ragazzi a più ambizione. Diventare sovrani! altro che medico o ingegnere” [SCUOLA DI BARBIANA, Lettera ad una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 96].
Tratto da F. Cancellieri, Implicazioni educative della vulgata meritocratica, in Dirigere la scuola 10-2021.