La registrazione di conversazioni tra presenti all'insaputa dei conversanti configura una grave violazione del diritto alla riservatezza nonché dei principi di buona fede e correttezza e legittima, pertanto, l'intimazione del licenziamento per giusta causa.
Nella fattispecie è stato considerato legittimo il licenziamento disposto nei confronti di un dipendente per aver occultamente registrato una riunione aziendale ed una conversazione telefonica tra il proprio superiore gerarchico ed altro dipendente, e per aver successivamente utilizzato tali registrazioni al fine di sporgere querela nei confronti del primo.
La Suprema Corte con riferimento all'osservanza dei termini per l'irrogazione del provvedimento espulsivo ha osservato che il termine per la conclusione del procedimento disciplinare dettato dalla contrattazione collettiva è finalizzato a garantire la certezza delle situazioni giuridiche, con la conseguenza che è sufficiente che il datore di lavoro abbia tempestivamente manifestato la volontà di irrogare la sanzione entro il termine previsto, a nulla rilevando che quest'ultima sia portata a conoscenza del lavoratore successivamente alla scadenza del predetto termine (cfr. Cass. 13 settembre 2017, n. 21260; Cass. 20 marzo 2015, n. 5714; Cass. 10 settembre 2012, n. 15102; Cass. 4 ottobre 2010, tl 20566; Cass. 5 aprile 2001, n. 5093).
Sotto altro profilo, la Suprema Corte ha rilevato che la sentenza impugnata doveva considerarsi immune dai vizi logico-formali denunciati dal ricorrente, atteso che nella stessa si era dato esaustivamente conto del comportamento intenzionale posto in essere dal dipendente, adottato in totale spregio dei doveri di riservatezza connessi all'obbligo di fedeltà, e tale, pertanto, da integrare una grave violazione dei principi generali di correttezza e di buona fede, oltre che del diritto di riservatezza dei colleghi.
Con riferimento all'asserita condotta mobbizzante consistita nel trasferimento ad altro magazzino, la Suprema Corte ha rilevato che non erano state dedotte specifiche censure in relazione al rispetto dei limiti posti dall'art. 2103 c.c., né era stata fornita prova della pretesa dequalificazione professionale subita dal dipendente.
La Suprema Corte ha conclusivamente rilevato che, come già affermato in propri precedenti conformi resi in relazione ad analoghe fattispecie, la registrazione di conversazioni tra presenti all'insaputa dei conversanti configura una grave violazione del diritto alla riservatezza, con conseguente legittimità del licenziamento intimato (cfr. Cass. 8 agosto 2016, n. 16629; Cass. 21 novembre 2013, n. 26143).
Corte di Cassazione, Sez. Lav. 16 maggio 2018, n. 11999