Le condotte extralavorative che possono assumere rilievo ai fini dell'integrazione della giusta causa di licenziamento afferiscono non solo alla vita privata in senso stretto del lavoratore, bensì a tutti gli ambiti nei quali si esplica la sua personalità e non devono essere necessariamente successive all'instaurazione del rapporto, sempre che si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate al dipendente e dal ruolo da quest'ultimo rivestito nell'organizzazione aziendale. Possono, di conseguenza, rilevare anche le condotte tenute dal lavoratore in occasione di altro rapporto di lavoro tanto più se omogeneo rispetto a quello in cui il fatto viene in considerazione.
Nel caso in questione l'istituzione scolastica aveva contestato alla lavoratrice supplente, in primo luogo, di aver ottenuto «precedenti incarichi temporanei presso altri istituti scolastici rendendo una falsa dichiarazione sul possesso del titolo necessario per l'insegnamento su posti di sostegno, condotta in relazione alla quale era stato instaurato processo penale per il delitto di truffa aggravata e, successivamente, per aver omesso di dichiarare, in occasione dell'assunzione in servizio presso il datore di lavoro, la predetta condanna.
Nella vicenda in questione la Suprema Corte nel respingere il ricorso della docente supplente ha affermato il principio, di carattere generale, secondo cui «la giusta causa di recesso può essere integrata anche da comportamenti tenuti dal lavoratore al di fuori dello specifico rapporto di lavoro, a condizione che gli stessi siano di gravità tale ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, che è alla base del rapporto, perché il datore di lavoro deve poter confidare sulla leale collaborazione del prestatore e sul corretto adempimento delle obbligazioni che dal rapporto scaturiscono a carico di quest'ultimo».
La Suprema Corte di Cassazione precisa, inoltre, che il proprio orientamento consolidato è fermo nel ritenere che «la fiducia, che è fattore condizionante la permanenza del rapporto, può essere compromessa, non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extralavorative che, seppur tenute al di fuori dell'impresa o dell'ufficio e non direttamente riguardanti l'esecuzione della prestazione, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti qualora abbiamo un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto e compromettano le aspettative di un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività (cfr. fra le tante Cass. n. 24023/2016 e Cass. n. 17166/2016)».
Quanto sopra premesso la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disposto nei confronti della docente a tempo determinato che, all'atto dell'assunzione, aveva omesso di dichiarare di aver avuto, relativamente a un precedente rapporto di lavoro, una condanna penale per il reato di falsa attestazione di titoli per l'insegnamento.
Corte di cassazione, Sez. Lav. 29 marzo 2023, n. 8944