Con la legge delega n. 144/2025 il Parlamento ha scelto di dettare linee guida e principi generali, lasciando al Governo il compito di definire i dettagli attuativi. Si tratta di una scelta politica che coniuga flessibilità e responsabilità: non un “salario minimo legge”, ma l’affermazione di un vincolo normativo nei processi retributivi attraverso la contrattazione collettiva.
Ciò consente un margine di adattamento secondo le particolarità settoriali e territoriali — ma al tempo stesso impone al Governo di tradurre i principi in norme tempestive e chiare, pena ritardi o conflitti interpretativi.
La norma definisce come finalità principali:
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Garantire retribuzioni giuste e proporzionate, in coerenza con l’art. 36 della Costituzione, che sancisce il diritto ad una retribuzione sufficiente per assicurare dignità e una esistenza libera e dignitosa.
- Contrastare il lavoro sottopagato e le pratiche di dumping contrattuale, vale a dire l’uso di contratti con retribuzioni inferiori ai minimi legittimi per ottenere un vantaggio competitivo sleale.
- Rafforzare la contrattazione collettiva nazionale, facendo in modo che i contratti più applicati diventino benchmark binding anche per i lavoratori che non siano direttamente coperti da essi.
- Stimolare il rinnovo contrattuale tempestivo e la contrattazione di secondo livello con funzioni adattative, come auspicato nelle intese aziendali o territoriali, in funzione delle esigenze locali, pur nel rispetto dei vincoli stabiliti.
In pratica, non si istituisce un salario minimo universale, bensì si rafforza il sistema dei minimi contrattuali a livello nazionale, estendendo la loro efficacia.
- Individuazione dei contratti “maggiormente applicati”
Stabilire quali CCNL possano essere considerati prevalenti è un nodo cruciale: il criterio di “maggiore applicazione” rischia di favorire contratti più “leggeri” o meno tutelanti. Alcuni critici avvertono un pericolo di abusi, con imprese che tenteranno di applicare i contratti più favorevoli a loro stesse. - Delega e margine discrezionale del Governo
La legge delega lascia ampi margini di discrezionalità nelle scelte attuative. Se i decreti attuativi non saranno rigorosi e trasparenti, l’obiettivo di equità salariale rischia di rimanere sulla carta. - Velocità e coordinamento
Il termine di sei mesi per l’adozione dei decreti è stretto. È fondamentale che il Governo lavori con urgenza e coinvolga le parti sociali per evitare buchi normativi o conflitti interpretativi.
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Impatto sulle imprese e il mercato del lavoro
Se i nuovi minimi contrattuali diventeranno vincolanti anche per aziende non sindacalizzate, alcune imprese – soprattutto micro e piccole imprese – potrebbero manifestare difficoltà di adeguamento, specie in settori in crisi o con margini ridotti. -
Controlli e trasparenza
La legge delega prevede l’istituzione di procedure di controllo e informazione per contrastare l’evasione contributiva e le retribuzioni sotto soglia. Ma l’efficacia di queste misure dipenderà dalla qualità degli strumenti (ispezioni, sanzioni, banche dati).
Con la legge delega 144/2025 l’Italia entra in una fase di riforma strutturale del sistema retributivo. L’obiettivo dichiarato è garantire retribuzioni dignitose e contrastare il dumping contrattuale, ma il vero banco di prova sarà l’attuazione concreta: la qualità dei decreti, la trasparenza nella scelta dei CCNL maggiormente applicati, l’efficacia dei controlli e la protezione delle imprese che dovranno adeguarsi.
Se ben disegnata, questa riforma potrà rafforzare la contrattazione e introdurre un sistema più equo; se mal gestita, rischia di produrre distorsioni e contenziosi. Il cammino nei prossimi sei mesi sarà decisivo.