Il 15 novembre 2023 scade il termine di presentazione delle domande per la concessione dei permessi retribuiti per il diritto allo studio ex art. 3 del Dpr 23 agosto 1988, n. 395. Sono 150 ore individuali, per l’anno solare 2024, finalizzate alla frequenza di corsi di studio. Docenti ed Ata – sia a tempo indeterminato che determinato – devono presentare richiesta alla scuola di appartenenza (per il successivo inoltro all’Ufficio scolastico territoriale competente). Scadenze diverse, tuttavia, possono essere stabilite dagli Uffici Scolastici Regionali per consentire la trasmissione degli elenchi in tempo utile da parte delle istituzioni scolastiche. Le comunicazioni sono pubblicate sui siti istituzionali, nell’ambito di disposizioni che hanno ormai assunto carattere permanente. Ai sensi dell’ art. 30, comma 4 – b4), della Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del personale del comparto Istruzione e Ricerca periodo 2019-2021 sono i Contratti Collettivi Integrativi Regionali (CCIR) a definire le tipologie dei corsi, la ripartizione delle ore tra frequenza/esami/studio libero e l’ordine di priorità in base al quale vengono graduate le domande, regolando altresì le quote-massime assegnabili in relazione alle tipologie stesse per consentire di soddisfare il maggior numero di richieste. I permessi accordabili riguardano una percentuale di beneficiari non superiore al 3% dell’organico in servizio a livello provinciale. In caso di trasferimento/assegnazione provvisoria da altra provincia, l’interessato, cui sono stati già concessi i permessi, conserva la parte-oraria residua fino al 31 dicembre, senza che questo alteri il contingente disponibile nella nuova provincia.
LA DISCIPLINA IN DETTAGLIO
Di seguito un breve excursus sulla materia con riguardo sia al profilo normativo/contrattuale sia ad alcuni orientamenti applicativi pronunciati dall’Aran (l’Agenzia di rappresentanza negoziale), al fine di chiarire dubbi ed incertezze di carattere operativo. In linea di principio, disposizioni amministrative e contrattazioni regionali definiscono nel dettaglio gli adempimenti cui devono attenersi le amministrazioni e i lavoratori. Storicamente, col Dpr 23 agosto 1988 vennero recepiti e trasformati in norma gli accordi fra Governo e Sindacati per la disciplina del rapporto di lavoro relativo al triennio 1988/90. La prima circolare che esaminò le previsioni del decreto fu quella del ministero della Funzione pubblica, n. 31787 del 5 aprile 1989, dove si evidenziava la necessità della crescita professionale del dipendente anche nell’interesse dell’amministrazione; tuttavia, l’esigenza di assicurare il regolare svolgimento dei servizi imponeva di contenere il numero dei dipendenti ammessi a fruire dei permessi nella misura massima del 3% dei lavoratori in organico e di adottare alcune modalità procedurali circa la selezione del personale beneficiario. In ogni caso, vi era l’obbligo a carico dei fruitori dei permessi di presentare idonea certificazione a giustificazione dell’iscrizione e della frequenza dei corsi nonché degli esami finali sostenuti. La predetta circolare demandava alle singole amministrazioni la definizione delle modalità da seguire al proprio interno. Per il personale della scuola, si incaricò la circolare ministeriale n. 319/1991 di disciplinare in modo specifico la materia. E’ stato successivamente confermato il carattere permanente della circolare citata. Oggi, in seguito alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro, i criteri per la fruizione dei permessi per il diritto allo studio sono oggetto di contrattazione integrativa regionale (vedi art.22, comma 4, punto b) del Ccnl 19 aprile 2018, attualmente confermato dall’art. 30, comma 4 – b4), della Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del personale del comparto Istruzione e Ricerca periodo 2019-2021 (sopra citato).
Platea dei beneficiari
Il numero dei beneficiari dei permessi non può superare il 3% della dotazione organica complessiva a livello provinciale, con arrotondamento all’unità superiore. Può usufruire dei permessi il personale in servizio a tempo indeterminato ed il personale a tempo determinato con contratto stipulato dal dirigente dell’ufficio scolastico territoriale – Ust – e/o dal dirigente scolastico fino al termine dell’anno scolastico o delle attività didattiche, nonché il personale con incarico annuale per l’insegnamento della religione cattolica. In caso di contratto stipulato per un numero di ore inferiore all’orario previsto dalle norme vigenti, si ridurrà proporzionalmente il numero delle ore di permesso. Entro il 15 ottobre l’Ust, in base alle consistenze organiche, determina, nella percentuale prevista, il numero complessivo dei permessi concedibili, distribuendo il predetto numero proporzionalmente fra:
- personale docente, distinto per grado di istruzione;
- personale Ata, considerato complessivamente, cioè senza distinzione di profilo professionale.
E’ ammessa la compensazione tra i gradi di istruzione per il personale docente e, allo stesso modo, tra i profili professionali per il personale Ata. Le contrattazioni regionali prevedono in genere che in caso di necessità si potrà procedere a compensazione tra tutti i ruoli del personale della scuola nella provincia. In particolare, i criteri di concessione tengono conto di alcune priorità. In genere si dà preferenza alla frequenza di corsi finalizzati al conseguimento del titolo di studio proprio della qualifica; poi alla frequenza per il conseguimento di titoli di studio di istruzione secondaria o di diploma di laurea o titoli equipollenti; seguono le frequenze per i titoli di qualifica professionale e attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento pubblico, ivi compresi i corsi di specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno; si tiene conto, infine, della frequenza di corsi finalizzati al conseguimento di titoli di studio in corsi post-universitari ed in ultimo dell’anzianità di ruolo e dell’età. A tale scopo vengono formulate graduatorie distinte per il personale docente e per gli Ata. A ciascuna categoria è destinato il 3% della rispettiva dotazione organica provinciale complessiva. Avverso le graduatorie, entro il termine di 5 giorni dalla loro pubblicazione, è ammesso ricorso in opposizione al dirigente dell’Ust. Il ricorso è deciso in via definitiva entro 10 giorni dal ricevimento ed il suo esito viene comunicato direttamente all’interessato. Sulla base delle autorizzazioni del dirigente preposto all’Ust, il dirigente scolastico adotta i provvedimenti formali di concessione dei permessi di norma entro il 15 dicembre.
SOGGETTI INTERESSATI ALLA FREQUENZA DEI CORSI
La domanda di concessione dei permessi deve essere presentata da docenti e Ata, sia a tempo indeterminato che determinato, entro il 15 novembre, salvo diverso termine stabilito dall’Ufficio scolastico regionale, alla scuola di appartenenza per il successivo inoltro all’Ust competente. In essa vanno indicati i seguenti dati: nome, cognome, luogo e data di nascita; tipo di corso; durata dei permessi da utilizzare nel corso dell’anno solare in relazione al prevedibile impegno di frequenza. Il personale docente deve indicare il ruolo di appartenenza e la sede di servizio; invece il personale Ata deve dichiarare il profilo professionale e la sede di servizio. Dati anagrafici, anzianità di servizio e requisiti di precedenza possono essere documentati mediante autocertificazione. Quanto al tipo di corso, i permessi straordinari retribuiti di 150 ore (dall’1 gennaio al 31 dicembre dell’anno solare) possono essere fruiti dal personale della scuola per la frequenza di corsi finalizzati al conseguimento di :
- titolo di studio proprio della qualifica di appartenenza;
- titolo di studio di qualifica professionale e attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento pubblico, compresi i corsi di specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno;
- titolo di studio di istruzione secondaria o diploma di laurea o titoli equipollenti;
- titoli di studio di pari grado a quello già posseduto (es.: seconda laurea);
- titoli di studio in corsi universitari e post universitari;
- corsi ex legge 143/2004.
I permessi sono equiparati a tutti gli effetti al servizio attivo e possono essere richiesti, sia dal personale a tempo indeterminato che determinato, anche per la frequenza di corsi di laurea in scienze della formazione primaria e scuole di specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria, come espressamente indicato nella circolare 130/2000.
I dirigenti scolastici sono tenuti ad attivare le misure idonee per la sostituzione del personale in permesso per motivi di studio, secondo la normativa vigente in materia di sostituzione del personale temporaneamente assente.
permessi RINNOVABILI
I permessi retribuiti sono concessi nella misura massima di 150 ore annue per ciascun dipendente e comprendono anche il tempo necessario per raggiungere la sede di svolgimento dei corsi; sono rinnovabili, con priorità rispetto agli altri richiedenti, per tutta la durata legale del corso di studi. Essi decorrono dall’ 1 gennaio al 31 dicembre dell’anno solare, per il quale si chiedono. Il personale, ai sensi del comma 4 dell’art. 3 del Dpr 395/1988, ha diritto, salvo eccezionali ed inderogabili esigenze di servizio, a turni di lavoro compatibili con la frequenza dei corsi e con la preparazione degli esami e non è obbligato a prestazioni di lavoro straordinario o durante i giorni festivi e di riposo settimanale.
GIUSTIFICAZIONE ASSENZE
La certificazione relativa alla frequenza dei corsi e/o agli esami finali sostenuti va presentata al dirigente scolastico della scuola di servizio subito dopo la fruizione del permesso e, comunque, non oltre il termine di ciascun anno solare; in ogni caso, prima di un eventuale cambio di sede di servizio. I dirigenti riscontrano la corrispondenza tra i periodi di frequenza indicati nella certificazione e i periodi di permesso fruiti dall’interessato. I permessi di cui all’art. 3 del Dpr n. 395/1988 sono consentiti soltanto per la frequenza dei corsi espressamente previsti nella norma e non anche per la sola preparazione degli esami finali dei corsi e per la sola preparazione della tesi di laurea. Il comma 6 dell’art. 3 stabilisce che in mancanza della certificazione i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali; il che vale a dire che la scuola dovrà procedere al recupero degli emolumenti indebitamente percepiti, fatta eccezione per i soli casi di legittimo impedimento e di causa di forza maggiore. Nulla vieta che si possano attivare sanzioni disciplinari qualora ne ricorrano le condizioni.
DUE INTERESSANTI PRONUNCE DELL’ARAN
Due, fondamentalmente, gli orientamenti dell’Aran per fugare dubbi e perplessità ricorrenti. Il primo si riferisce alla frequenza di università telematiche; argomento per il quale accade spesso che né gli uffici territoriali del Mim (in quanto organi che autorizzano) né i dirigenti scolastici (relativamente ai provvedimenti di concessione) prestano la dovuta attenzione. Gli uni e gli altri potrebbero, però, trovare conforto nell’orientamento applicativo Aran / M166 del 25/09/2011 – non più modificato – dove si afferma che “ … Proprio per le particolari modalità di frequenza dei corsi universitari telematici e la sostanziale impossibilità di certificazione della stessa da parte delle Università, che non consentono il rispetto delle condizioni richieste dalla disciplina negoziale in materia, inducono ad escludere, in relazione agli stessi, la possibilità di riconoscimento dei permessi di cui sopra …”. In linea di principio, cioè, tali permessi restano esclusi per la frequenza dei corsi organizzati dalle università telematiche. L’assunto, tuttavia, viene ampiamente argomentato dall’Aran, chiamata a rispondere ad un quesito specifico sulla frequenza delle università telematiche, così come formulato:
I permessi per diritto allo studio possono essere fruiti anche per la partecipazione ai corsi organizzati dalle Università telematiche?
Riportiamo testualmente l’orientamento, che si presta ad una lettura piana e chiarificatrice:
- Orientamenti applicativi_M166
I permessi per motivi di studio possono essere fruiti solo per lezioni e corsi di studio, espressamente indicati, il cui svolgimento sia previsto in concomitanza con l’orario di lavoro. Si tratta di previsioni finalizzate a garantire il beneficio al lavoratore, nel rispetto tuttavia delle esigenze organizzative dell’ente e secondo modalità tali da evitare ogni forma di possibile abuso nella fruizione, a danno sia dell’amministrazione sia degli altri lavoratori che potrebbero avere interesse.
In tale ambito, l’attestato di partecipazione o frequenza assume un rilievo prioritario in quanto certifica sia la circostanza dell’effettiva presenza alle lezioni sia quella che le medesime lezioni si svolgono all’interno dell’orario di lavoro (la reale giustificazione della fruizione dei permessi).
Pertanto, per quanto riguarda la partecipazione ai corsi delle università telematiche, proprio la circostanza che il lavoratore non è tenuto a rispettare un orario di frequenza del corso in orari prestabiliti induce a ritenere che ciò possa avvenire anche al di fuori dell’orario di lavoro, con il conseguente venire meno di ogni necessità di fruizione dei permessi di cui si tratta. Infatti, non essendo obbligato a partecipare necessariamente alle lezioni in orari rigidi, come avviene nella Università ordinaria, il lavoratore potrebbe sempre scegliere orari di collegamento compatibili con l’orario di lavoro nell’ente.
Del resto, lo stesso MIUR, nel proprio parere Prot. 09/207/RET/2 del 20.9.2009 (che pure ha determinato l’insorgenza di dubbi applicativi), afferma che: “ la metodologia di e-learning non implica la frequenza dei corsi in orari prestabiliti”.
In altri termini il permesso serve a giustificare l'assenza dal servizio da parte del lavoratore interessato e tale assenza deve essere documentata con una dichiarazione dell'autorità scolastica o universitaria che attesti la partecipazione ai corsi per le ore di lavoro non prestate sino alla concorrenza di 150 ore.
L’ art. 13 del CCNL del 16 maggio 2001 stabilisce, infatti, che: “Per la concessione dei permessi di cui ai commi precedenti, i dipendenti interessati debbono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione.
Utili indicazioni sulle corrette modalità di fruizione dei permessi per motivi di studio, con specifico riferimento proprio alla disciplina contrattuale, ivi compreso il profilo del collegamento tra frequenza ed utilizzo dei permessi per studio, sono contenute nella recente sentenza della Cassazione Sez. Lavoro n. 10344/2008.
Proprio per le particolari modalità di frequenza dei corsi universitari telematici e la sostanziale impossibilità di certificazione della stessa da parte delle Università, che non consentono il rispetto delle condizioni richieste dalla disciplina negoziale in materia, inducono ad escludere, in relazione agli stessi, la possibilità di riconoscimento dei permessi di cui sopra.
A diverse conclusioni potrebbe pervenirsi solo nel caso in cui il dipendente fosse in grado di presentare tutta la prescritta documentazione, ed in particolare un certificato dell’Università che, con conseguente assunzione di responsabilità da parte della stessa Università, attesti che quel determinato dipendente ha seguito personalmente, effettivamente e direttamente le lezioni trasmesse in via telematica.
In tale caso gli elementi da considerare sono due:
1) il fatto che sia le giornate che gli orari devono essere necessariamente coincidenti con le ordinarie prestazioni lavorative.
2) la certificazione che solo in quel determinato orario il dipendente poteva seguire le lezioni.
- SECONDO ORIENTAMENTO
sul seguente quesito:
Esistono limiti alla possibilità di richiedere il permesso per diritto allo studio di cui all’art. 3 del D.P.R. n. 395/88? Il numero dei beneficiari può essere incrementato laddove residuino ore non fruite dai lavoratori cui sono state attribuite?
Così l’Aran:
L’art. 146, comma 1, del CCNL 29.11.2007 comparto Scuola specifica che “continuano a trovare applicazione nel comparto Scuola” le norme ivi indicate, tra le quali, alla lett. g) punto 1, è richiamato l’art. 3 del D.P.R. n. 395/1988 in tema di diritto allo studio.
Quest’ultima norma prevede che possono beneficiare dei permessi per il diritto allo studio – nella misura massima di 150 ore annuali individuali – non più del “3% delle unità di personale in servizio all’inizio dell’anno, con arrotondamento all’unità superiore.”
La coesistenza dei due limiti sopra riportati comporta che, anche qualora più soggetti richiedono meno delle 150 ore massime previste pro-capite, non è possibile estendere il numero dei beneficiari dei permessi in parola, che non può in ogni caso superare il 3% dei dipendenti.