Un anno fa è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 del 10 agosto 2024 la Legge 9 agosto 2024, n. 114 che abolisce il delitto di abuso d’ufficio. L’abuso d’ufficio rappresentava un reato di evento, il cui disvalore penale si realizzava al momento della effettiva produzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale o di un danno ingiusto ad altri. Il danno per il terzo non veniva invece specificato e pertanto poteva consistere in qualsiasi aggressione ingiusta nei confronti della sfera personale o patrimoniale del soggetto passivo. Il reato di peculato per distrazione, originariamente compreso nell’art. 314 del c.p. era transitato nell’art. 323 c.p., reato di abuso d’ufficio, abrogato dalla legge n. 114 del 9 agosto 2024.
Dall’abolizione dell’abuso d’ufficio al nuovo art. 314-bis c.p.: la Cassazione chiarisce i confini tra indebita destinazione e peculato.
Intanto, la necessità e urgenza dell’inserimento del nuovo delitto di indebita destinazione di beni altrui ad opera dell’agente pubblico è motivata nel preambolo del D.L. n. 92/2024- che ha introdotto l’art. 314 bis c.p. - dagli obblighi eurounitari. La dottrina, sul punto, ha rilevato che l’art. 4, comma 3, della Direttiva UE 2017/1371 (5 luglio 2017) vincola il legislatore anche italiano a criminalizzare la condotta dell’appropriazione indebita del funzionario pubblico (nazionale o della UE) che leda gli interessi finanziari dell’Unione.
Ecco perché il comma 2 dell’art. 9del D.L. n. 92/2024 aggiunge al catalogo dei delitti contro la P.A. previsti dall’art. 322-bis c.p. altresì il nuovo art. 314-bis c.p.: in pratica in sostituzione dell’art. 323 c.p.
L’art. 314-bis prevede, dunque, il reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili .
L’art. 314-bis prevede, dunque, il reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili.
Una premessa è d’obbligo. La nuova fattispecie di indebita destinazione interviene solo sulle condotte di “abuso distrattivo” di fondi pubblici, finora sussunte nell’art. 323 cod. pen., cioè quelle consistenti nel “mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche”, pur sempre compatibili con i fini istituzionali dell’ente di appartenenza dell’agente pubblico, anche se comportanti anche un concomitante vantaggio per il privato o l’altrui danno (in tal senso, Sez. 6, n. 4520 del 23/10/2024, dep. 2025). La condotta deve essere dolosa, ovvero il soggetto deve agire intenzionalmente per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o per causare un danno ingiusto.
Quanto detto consente di affermare che integrano il reato previsto dall’art. 314-bis cod. pen. solo quelle condotte di abuso distrattivo precedentemente inquadrabili nel reato di abuso d’ufficio, mentre, le condotte tipicamente costitutive del delitto di peculato permangono punibili ai sensi dell’art. 314 cod. pen. Ed è proprio questo un caso giurisprudenziale che andiamo ad analizzare.
La ricorrente è un’assistente amministrativa che ha impugnato la sentenza della Corte di appello che confermava la condanna per il delitto di peculato, commesso mediante l’appropriazione della somma di Euro 3.800, di cui la ricorrente aveva la disponibilità in qualità di assistente amministrativa, titolare ad interim delle funzioni di Direttore dei servizi generali e amministrativi (di seguito DGSA) presso un Istituto scolastico.
Secondo la ricorrente si era in presenza di un procedimento amministrativo articolato in più fasi al quale partecipavano più soggetti e, in particolare, il dirigente scolastico che da una parte, avrebbe avuto il potere di bloccare il pagamento se ritenuto irregolare, e, dall’altra, non aveva mai mosso alcun rilievo in ordine a quei mandati. Sarebbe così dimostrata, in assenza di elementi dimostrativi di un accordo criminoso, la convinzione della stessa ricorrente che i mandati fossero relativi a somme esigibili (profilo, questo, che in tal caso escluderebbe il dolo) e l’assenza del requisito della disponibilità della cosa mobile necessaria ai fini del reato di peculato. Si sarebbe trattato, infatti, di un’anticipazione rispetto all’erogazione del premio di produttività (previsto nel MOF) al quale l’imputata avrebbe avuto diritto, sia pur nel mese di settembre 2018.
Il ricorso per Cassazione è stato articolato in nove motivi di impugnazione, preceduti dalla richiesta di derubricazione del reato di peculato nella nuova fattispecie di indebita destinazione, introdotta all’art. 314-bis cod. pen. dal D.L. 4 luglio 2024, n. 92, applicabile al caso di specie in quanto norma sopravvenuta più favorevole. Sosteneva la difesa che nella nuova fattispecie di reato andrebbero ricondotte tutte le ipotesi di distrazione di denaro o beni mobili originariamente ricomprese nel dettato dell’art. 314 cod. pen.. Da notare come tale articolo assicura un trattamento sanzionatorio di favore per fatti distrattivi tipizzati alla stregua, appunto, di un abuso di ufficio.
Per consolidata giurisprudenza, il delitto di peculato ricomprende sia le condotte di appropriazione che quelle di distrazione, quest’ultime da intendersi riferite all’utilizzo di beni per una funzione diversa rispetto a quella prevista. L’art. 314 bis c.p. si inserisce, dunque, nel contesto del peculato, ma si differenzia da esso per la condotta: il peculato implica l’appropriazione del bene, mentre l’art. 314 bis c.p. punisce la destinazione ad uso diverso. La giurisprudenza ha chiarito che l’art. 314 bis c.p. non configura una nuova fattispecie di peculato, ma piuttosto una specie di peculato per distrazione.
In tema di reati contro la pubblica amministrazione, il delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili, di cui all’art. 314-bis cod. pen., sanziona le condotte distrattive che non comportano una perdita definitiva dei beni per la pubblica amministrazione e che, nella disciplina previgente, la giurisprudenza di legittimità inquadrava nella fattispecie abrogata dell’abuso di ufficio, sicché l’ambito applicativo del delitto di peculato, già in precedenza limitato alle sole appropriazioni distrattive, ossia effettuate per finalità esclusivamente private, non risulta modificato dall’introduzione della nuova fattispecie incriminatrice.
Rispetto a tali principi, l’introduzione della nuova fattispecie di reato deve essere letta in stretta correlazione con la contemporanea abrogazione dell’abuso d’ufficio, dovendosi ritenere che l’art. 314-bis cod. pen. assolve alla specifica funzione di conservare la rilevanza penale di quelle specifiche condotte “distrattive” che, in precedenza, come abbiamo visto, non erano ricomprese nel reato di peculato, bensì in quello di abuso d’ufficio. L’art. 314 bis c.p. ha sostituito, in parte, la fattispecie dell’abuso d’ufficio, limitatamente alle condotte distrattive che prima rientravano in tale reato. In sostanza, le condotte di indebita destinazione che prima erano punite come abuso d’ufficio, ora, se rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 314 bis c.p., sono punite con questa nuova fattispecie.
Ciò si desume dal dato letterale, poiché l’art. 314-bis cod. pen. esordisce con una clausola di riserva che ne limita l’applicazione “fuori dai casi previsti dall’art. 314” proprio per regolare il concorso apparente tra le fattispecie di reato di peculato e di indebita destinazione di denaro o cose mobili, lasciando immutata la qualificazione in termini di peculato di quelle condotte “distrattive” che la giurisprudenza aveva già collocato nell’alveo del reato di cui all’art 314 cod. pen. Questa clausola di riserva risulterebbe ultronea laddove si ritenesse che il nuovo art. 314-bis cod. pen. ricomprenda tutte le ipotesi di “distrazione” di denaro o beni altrui. In tal caso infatti il delitto di peculato si applicherebbe alle sole ipotesi di “appropriazione” e, quindi, non vi sarebbe alcuna possibilità di interferenza con la previsione dell’art. 314-bis cod. pen.
Coerentemente con il dato letterale, nonché con la ratio che ha ispirato l’introduzione dell’art. 314-bis cod. pen., occorre ritenere che la nuova fattispecie di reato fa salva la rilevanza penale di quelle condotte, in precedenza punibili ai sensi dell’art. 323 cod. pen. L’elemento caratterizzante è la violazione del vincolo di destinazione del denaro o di beni mobili che, tuttavia, non si traducono in un impiego incompatibile con finalità pubblicistiche.
La nuova fattispecie di indebita destinazione, dunque, interviene solo sulle condotte di “abuso distrattivo” di fondi pubblici, finora sussunte nell’art. 323 cod. pen., cioè quelle consistenti nel “mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche”, pur sempre compatibili con i fini istituzionali dell’ente di appartenenza dell’agente pubblico, anche se possono comportare un concomitante vantaggio per il privato o l’altrui danno (in tal senso, Sez. 6, n. 4520 del 23/10/2024, dep. 2025).
Pertanto, la Corte di cassazione, proprio sulla base di tali considerazioni ha concluso nel senso della qualificabilità del caso dell’assistente amministrativo nel reato di peculato, avendo l’imputata posto in essere una condotta appropriativa di denaro pubblico, non meramente distrattiva e non essendo ipotizzabile alcuna concomitante destinazione ad una funzione diversa da quella prevista e compatibile con finalità pubblicistiche. Mancano, pertanto, tutte le caratteristiche a fondamento dell’art. 314 bis cod. pen.A ben vedere, quindi, la fattispecie in esame non è riconducibile in alcun modo all’ipotesi del peculato per distrazione, bensì integra una tipica condotta appropriativa, pacificamente riconducibile allo schema tipico del peculato.
Concludiamo richiamando il rischio che la giurisprudenza, nella sua evoluzione, includa nella più afflittiva forma di peculato ex comma 1 dell’art. 314 c.p. i meno offensivi comportamenti distrattivi dei pubblici agenti, non trovando più gli stessi una fattispecie incriminatrice – quale l’abuso d’ufficio – in cui essere sussunti e non potendo essere ricondotti neppure al nuovo delitto di “indebita destinazione di denaro o cose mobili” per l’evidente mancanza di “tipicità” delle condotte concrete poste in essere.
Di Anna Armone su Dirigere la scuola n.10
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