Premessa

La possibilità di adire l’autorità giurisdizionale amministrativa con un ricorso diretto ad ottenere l’esecuzione, da parte della pubblica amministrazione, delle sentenze non spontaneamente eseguite è garantita dal giudizio di ottemperanza, che costituisce l’ipotesi più importante di giurisdizione di merito del giudice amministrativo (art. 134 c.p.a.). Esiste, peraltro, una ontologica differenza tra quanto tutelato dall’esecuzione nel processo civile e l’ottemperanza amministrativa, infatti la tutela esecutiva civilistica mira a far ottenere alla parte vincitrice del processo esattamente quanto la sentenza le ha giuridicamente riconosciuto, mentre il giudizio di ottemperanza, come vedremo, non riflette un’analoga corrispondenza e l’azione proponibile davanti al giudice amministrativo si estende ad un ambito, quello del merito, precluso al precedente giudice della cognizione, finendo per coprire più di quanto assicurato dalla sentenza. Inoltre, avendo la pubblica amministrazione un potere di scegliere tra varie forme di adeguamento della situazione di fatto alla situazione di diritto stabilita dalla pronuncia del giudice amministrativo, specialmente ove la regola all’agire amministrativo sia lasciata, dalla sentenza, indeterminata, implicita o incompleta e a fronte di tale potere l’interessato può vantare una situazione di interesse legittimo.

Il provvedimento da eseguire: la corresponsione di somme per ricostruzione carriera

In base a quanto stabilito dall’art. 112 comma 2 del codice del processo amministrativo le pronunce cui è ammesso il ricorso al giudizio di ottemperanza sono le sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato (ossia non più soggette agli ordinari mezzi di impugnazione), le sentenze (o altri provvedimenti esecutivi come le ordinanze cautelari), sentenze e provvedimenti ad essi equiparati del giudice ordinario, le pronunce rese dai giudici speciali e i lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili. In questa sede l’amministrazione era stata condannata a corrispondere a titolo di differenze stipendiali per quattro anni gli importi maturati da un collaboratore scolastico, al momento della ricostruzione della carriera dopo l’assunzione a tempo indeterminato, durante tutto il periodo lavorato in pre-ruolo. Il collaboratore scolastico aveva già fatto istanza di ricostruzione della sua carriera e, nonostante il sollecito avanzato, non risultava che il Ministero avesse provveduto. Dunque si era nuovamente rivolto al giudice del lavoro chiedendo l’accertamento del suo diritto alla ricostruzione della carriera. Sicché dalle risultanze del tecnico contabile nominato dal giudice, che erano parse pienamente condivisibili dal giudice ordinario e non specificatamente censurati da nessuna delle parti, è stata ricostruita la carriera del ricorrente e disposta la condanna del Ministero convenuto al pagamento in favore del collaboratore scolastico delle retribuzioni maturate per un arco di tempo di circa tre anni.

Il giudizio di ottemperanza e la nomina del commissario ad acta

Quindi il collaboratore scolastico non ha ottenuto, nonostante la pronuncia passata in giudicato e notificata, le retribuzioni che gli erano state riconosciute. Così ha adito il Tar Lazio che dopo aver verificato: la sentenza del Giudice del Lavoro, passata in giudicato e notificata e l’inerzia dell’amministrazione resistente, ha stabilito la nomina di un commissario ad acta, nell’obbligare l’amministrazione a dare esecuzione al titolo. In questa circostanza, il commissario ad acta nominato è direttamente nella persona del Direttore generale del Ministero resistente preposto alla Direzione generale competente per la materia oggetto del presente contenzioso, il quale, senza facoltà di delega e senza compenso, provvederà a dare esecuzione alla sentenza indicata in motivazione, nel termine di 120 giorni, decorrente dalla scadenza del termine concesso all’amministrazione, previa richiesta del ricorrente. L’amministrazione e il commissario ad acta dovranno conformarsi ai principi eurounitari di ragionevolezza e proporzionalità (Corte di Giustizia UE sentenza 6 dicembre 2018, causa c-675/17) nonché a quelli enunziati dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 28-29 dicembre 2022) che hanno definito in punti essenziali della questione.

Tar Lazio, sentenza del 13 ottobre 2023 n. 15208