Limiti e tutela della privacy

di Anna Armone, esperta in Scienza dell'Amministrazione scolastica

La previsione originaria del fascicolo personale dell’impiegato pubblico era contenuta nell’art. 55 del Testo Unico dello Statuto degli Impiegati Civili approvato con DPR n. 3/1957 che prevedeva la distinzione tra fascicolo personale e stato matricolare.

La distinzione ormai desueta, così come le pubblicazioni dello stato di anzianità, è stata sostituita da sezioni del fascicolo di cui una riguarda gli atti soggetti a valutazione, le altre concernono gli altri atti e si dividono in sottosezioni per funzionalizzare il loro contenuto a particolari interessi (es. quello alla privacy rinvio) o a particolari utilizzi (come quello statistico). Si è passati da un fascicolo “monolitico” ad un Fascicolo Personale “flessibile” ove le informazioni contenute devono essere caratterizzate dalla loro accessibilità, dal rispetto della riservatezza (si pensi ai dati sulla salute) e dalla “partecipatività” del loro inserimento (si pensi al contraddittorio per gli atti di valutazione negativa).

Ma l’articolo più importante, ai fini del nostro discorso, è l’art. 29 del DPR n. 686/1957 attuativo del T.U. Impiegati Civili “Visione e Rilascio copie del Fascicolo Personale”. Esso costituisce il primo documento normativo ove si configura il diritto del Dipendente a prendere visione e copia di atti che lo riguardano detenuti dalla P.A.

“L'impiegato può chiedere all'ufficio del personale di prendere visione degli indici del fascicolo personale e può ottenere altresì che gli siano rilasciati a sue spese estratti dello stato matricolare o copie degli atti cui abbia diritto.

I criteri per la determinazione delle spese di cui al comma precedente sono stabiliti annualmente dal Consiglio di amministrazione in base al costo del servizio. L'importo è corrisposto dall'impiegato mediante applicazioni sulla domanda di marche da bollo da annullarsi a cura dello stesso ufficio del personale…”

L’intervento della l. 241/1990 sulla trasparenza amministrativa ed il diritto di accesso (art. 22 ss) hanno influenzato la gestione complessiva del fascicolo personale poiché è stato necessario intervenire sulla sua struttura e organizzazione al fine di rendere realizzabile e pienamente praticabile il diritto di accesso.

La giurisprudenza ha messo dei punti fermi sulla materia e, in particolare, relativamente

  • all’individuazione del diritto all’accesso del dipendente “in re ipsa” a prescindere dall’interesse giuridicamente rilevante
  • all’alternatività nella richiesta del riferimento normativo al DPR ’57 od alla L. 241.
  • alla permanenza dell’esercitabilità del diritto di accesso al Fascicolo dinanzi al G.A. anche dopo la privatizzazione del P.I.

Individuazione del diritto all’accesso del Dipendente “in re ipsa” a prescindere dall’interesse giuridicamente rilevante

Deve riconoscersi, in via generale, la sussistenza dell’interesse del dipendente pubblico a prendere visione dei documenti e degli atti facenti parte del proprio fascicolo personale, posto che, per il solo fatto della loro presenza nel fascicolo, essi possono assumere rilevanza ai fini della carriera o della difesa (v. C.d.S., sez. IV, 8/9/1995 n.688).

La normativa applicabile nella fattispecie è costituita dagli artt. 22 ss., l. 241/90 e quindi le modalità di esercizio del diritto di accesso  debbono avvenire attraverso “l’esame” (art. 25, comma 1 l. cit. 241) di tutti i documenti contenuti nel fascicolo, senza distinzioni tra documenti registrati nell’indice e non (cfr. C.S., IV, sentenza già citata). “Non appare, infatti, contestabile che il pubblico dipendente sia titolare di una posizione giuridicamente tutelata in relazione alla conoscenza degli atti contenuti nel suo fascicolo personale, senza, tra l’altro, che ricorra la necessità per il medesimo di esternare espressamente la presenza di un concreto ed immediato interesse”.  In tal senso depone anche la sentenza n. 1862/2006 del TAR Lazio.

Premesso che, come è noto, i poteri del giudice amministrativo in materia di accesso non sono limitati all’annullamento del diniego o del silenzio, ma si estendono direttamente alla valutazione della spettanza o meno dell’ostensione del materiale documentale richiesto, va ricordato che la giurisprudenza amministrativa, pronunciandosi in relazione a fattispecie analoghe a quella ora all’esame, ha costantemente affermato che il pubblico dipendente è titolare di una posizione giuridicamente tutelata in relazione alla conoscenza degli atti contenuti nel suo fascicolo personale, in quanto potenzialmente muniti di rilievo amministrativo nel contesto dello svolgimento del rapporto di impiego, senza, tra l’altro, che ricorra la necessità per il medesimo di esternare espressamente la presenza di un concreto ed immediato interesse (cfr. da ultimo, T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. I, 10 marzo 2006, n. 1862, e nello stesso senso, T.A.R. Marche, 11 ottobre 2002, n. 1138).

La stessa giurisprudenza ha anche chiarito che è, di conseguenza, illegittimo il silenzio dell’Amministrazione scolastica in ordine alla richiesta di un suo dipendente di visionare e ottenere copia del contenuto del proprio fascicolo personale, in quanto - quale che sia la ragione e lo scopo dell’accesso - si tratta di un diritto autonomo, del tutto indipendente dalle posizioni soggettive ordinariamente tutelabili in sede giurisdizionale, che, in ragione del rapporto in essere con l’amministrazione scolastica, legittima il ricorrente sia in sede procedimentale che processuale, attribuendogli un interesse giuridicamente rilevante dai contenuti sufficientemente concreti, attuali e personali (T.A.R. Lazio, sez. Latina, 4 gennaio 2007, n. 5).

Dinanzi al un diniego del dirigente scolastico che insiste su una richiesta analitica di documenti ai quali accedere, il dipendente scolastico può, pertanto, adire la Commissione per l’accesso presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri o direttamente il TAR. Il procedimento innanzi alla Commissione si svolge in tempi particolarmente rapidi e garantisce il rispetto del contraddittorio; le parti possono infatti essere udite anche personalmente senza necessità dell'assistenza del difensore.

La Commissione, in caso di accoglimento del ricorso, ordina all'amministrazione l'esibizione del documento richiesto, fissando, ove necessario, un termine perentorio. La presentazione del ricorso innanzi alla Commissione sospende i termini per il ricorso al Tribunale amministrativo regionale.

Alternatività nella richiesta del riferimento normativo al DPR ’57 od alla L. 241

La citazione della fonte attributiva del diritto di accesso può, dunque, essere sia l’art. 29 del DPR n. 686/1957 attuativo del T.U. Impiegati Civili che l’art. 22 della l. n. 241/1990. D’altronde si tratta solo di un’affermazione esegetica, poiché l’esercizio del diritto di accesso al proprio fascicolo personale è pieno e incondizionato.

Permanenza dell’esercitabilità del diritto di accesso al Fascicolo dinanzi al G.A. anche dopo la privatizzazione del P.I.

Si tratta di un caso di competenza del giudice amministrativo, nonostante la natura del diritto di accesso sia oramai acclarata come diritto soggettivo. Tale natura dovrebbe portare all’attribuzione della competenza del giudice ordinario.

Il Fascicolo personale e la Privacy

La distinzione che andremo a fare riguarda l’accesso a propri dati personali, contenuti in documenti all’interno del fascicolo personale dall’accesso ad interi documenti contenuti nel fascicolo personale.

Il regime della tutela della riservatezza riguarda il trattamento dei dati da parte della Pubblica amministrazione e ha come fine la loro protezione. Si intende, ovviamente, la protezione nei confronti di soggetti diversi dall’interessato cui i dati appartengono. Pertanto, bisogna innanzitutto individuare il caso in cui un soggetto voglia essere informato sull’esistenza di propri dati, della loro fonte e dell’uso che l’amministrazione intende fare.

L'art. 7 del codice della privacy consente all'interessato di ottenere la conferma dell'esistenza di dati personali che lo riguardano. D’altra parte l’interessato ha il diritto d’opporsi, in tutto o parzialmente per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, anche se pertinenti allo scopo della raccolta. Si deve, pertanto, trattare di dati personali, quali, ad esempio, nome del coniuge, numero di conto corrente bancario, iscrizione a partiti politici ecc.

Il garante ha più volte definito espressamente come dato personale "qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica …" ricomprendendo in tale ampia accezione ogni notizia, informazione o elemento che abbia un'efficacia informativa tale da fornire un contributo di conoscenza rispetto ad un soggetto identificato o identificabile.

In base alla definizione legislativa di dato personale devono essere considerate anche le valutazioni e qualunque altro elemento per sua natura soggettivo che vengano comunque oggettivizzati e divengano elemento distintivo del soggetto cui si riferiscono. Ad esempio, sono dati personali quegli elementi che derivano da un libero convincimento del datore di lavoro "valutatore" e promanano indubbiamente dalla sua persona, ma che non si possono considerare come espressione di conoscenze impermeabili all'accesso dell'interessato.

Le conclusioni ribadite dalla giurisprudenza hanno peraltro trovato da ultimo una ulteriore conferma nella Raccomandazione europea del 22 marzo 2001 nella quale, in riferimento a tutti i Paesi europei, si ricorda che "non sono dati personali soltanto le informazioni contenute nei registri anagrafici, ovvero quelle derivanti da fattori oggettivi passibili di verifica o rettifica, ma anche qualsiasi altro elemento, qualsiasi informazione o circostanza dotata di un contenuto informativo tale da contribuire alla conoscenza di una persona identificata o identificabile. Si possono pertanto rinvenire dati personali nelle valutazioni e nei giudizi soggettivi sulla condotta pregressa e futura, i quali di fatto possono comprendere elementi specifici dell'identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale degli interessati. Ciò vale in pari misura anche se il giudizio o la valutazione sono sintetizzati attraverso un punteggio o una classifica ovvero sono espressi attraverso altri criteri valutativi".

Per la verifica dell’esistenza di tali dati non è necessaria l’esibizione del documento, ma basta una risposta esplicativa del responsabile del procedimento di accesso. Può però accadere che l’interessato non sia soddisfatto della risposta resa e allora può chiedere l’accesso all’intero documento ai sensi dell’art. 22 e seguenti della legge n. 241/1990.

Questo articolo riguarda dunque l’accesso a documenti amministrativi, contenuti, nel caso specifico, nel fascicolo del dipendente della scuola. Per documento amministrativo si intende " ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale" (art. 22, lett. C, l. n. 241/1990).

Nella richiesta di accesso si deve specificare se si intende prendere visione del documento, prendere in esame e avere rilascio di copia del documento, eventualmente in copia autentica.

Se sulla base del documento richiesto non risultano esservi dei controinteressati, il diritto di accesso può essere esercitato in via informale mediante richiesta, anche verbale, rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.

Se sulla base del contenuto del documento si riscontra l’esistenza di controinteressati, la richiesta d’accesso deve essere formale (d.p.r. 184/2006). Si ritiene, peraltro, che l’esercizio del diritto di accesso al proprio fascicolo personale possa essere esercitato, generalmente, in via del tutto informale. Sono rari i casi in cui possano esservi controinteressati (ad esempio genitore che scrive una lettera di denuncia del docente). Proprio in merito a ciò, va ribadito che il pubblico dipendente ha diritto di ottenere l’accesso ad ogni documento che direttamente lo riguarda, compresi gli atti provenienti da terzi; tali atti, infatti, ove acquisiti al fascicolo personale, sono sempre potenzialmente muniti di rilievo amministrativo nel contesto dello svolgimento del rapporto di impiego (T.A.R. Campania, sede Napoli, sez. V, 10 aprile 2003, n. 3691). Si applica, in ogni caso, il concetto di “rango” del diritto sottostante la volontà di accesso rispetto al diritto del soggetto interessato (CdS 1882/2001; 2542/2002).

L’ 13 del d.p.r. 184/2006 prevede che le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 22, comma 1, lettera e), della legge, assicurino che il diritto d'accesso possa essere esercitato anche in via telematica. Le modalità di invio delle domande e le relative sottoscrizioni sono disciplinate dall'art. 38 del dpr n. 445/2000, e successive modificazioni, dagli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio2005, n. 68 , e dal d.lgs n. 82/2005, e successive modificazioni. La procedura va regolamentata.

Relativamente all’esclusione del diritto di accesso al proprio fascicolo personale, non si ritiene esistano casi di esclusione, né tantomeno di differimento. Infatti, il D.M. n. 60/1999 del MIUR che regola l’esclusione del diritto di accesso, prevede all’art. 2 le categorie di documenti inaccessibili per motivi di riservatezza di terzi, intendendosi documenti di “soggetti terzi” e non del richiedente l’accesso. Il differimento, di cui all’art. 3 dello stesso decreto, è previsto in relazione a procedimenti amministrativi non ancora conclusi, i cui atti non sono ancora acquisiti a fascicolo personale dell’interessato.

Buongiorno,
chiedo se rispetti le norme in materia di privacy la circolare di convocazione dei GLO, indirizzata ai consigli delle classi interessati e ai genitori degli allievi con disabilità delle stesse classi, nella quale siano soltanto indicati le classi coinvolte e il relativo calendario di convocazione (senza inserimento di nomi né di iniziali dei nomi degli allievi con disabilità). Grazie.

Risposta

La circolare può contenere il calendario ma trattandosi di diffusione di dati personali NON può assolutamente contenere i componenti del GLO che essendovi anche i genitori degli alunni interessati si desume in modo chiaro la loro appartenenza al gruppo GLO. Quindi la circolare che contenga qualunque riferimento alla composizione del GLO implica una violazione della privacy.

4 commi 9, 10 e 11 del D.I. n. 182 del 2020 così come modificato dal D.I. n. 153 del 2023

La convocazione del GLO avviene tramite comunicazione diretta a coloro che hanno diritto a parteciparvi da parte del Dirigente scolastico. Al riguardo, si evidenzia che per comunicazione di dati personali si intende “il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dell'Unione europea, dal responsabile o dal suo rappresentante nel territorio dell'Unione europea, dalle persone autorizzate, ai sensi dell'articolo 2-quaterdecies, al trattamento dei dati personali sotto l'autorità diretta del titolare o del responsabile, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione, consultazione o mediante interconnessione” – diversi da quelli previsti dagli artt. 9 e 10 del Regolamento (UE) 2016/679, per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, è ammessa se prevista esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (art. 2-ter del Codice).

In tal senso si veda Provvedimento del 28 aprile 2022, n. 148 che seppur invitava in chiaro tutti gli alunni referenti al GLO può per analogia riguardare il caso dove vengano invitate anche le famiglie.

Grazie. Una precisazione: l'archiviazione su Drive è finalizzata alla condivisione delle immagini tra i docenti, non avrebbero accesso alla cartella condivise altri soggetti, nemmeno gli alunni e le loro famiglie. Non capisco perché il consenso prestato non sia rilevante. Le cito un estratto del consenso richiesto: "Il nome, cognome, la foto, la registrazione audio e/o video dell’allievo che lo ritrae nei “momenti positivi” in occasione di attività didattiche della scuola (foto di classe, manifestazioni teatrali, feste, uscite sul territorio e viaggi di istruzione, attività sportive, ludiche e laboratoriali, progetti etc.), potrà essere diffusa mediante pubblicazione sul sito internet e/o sui social network ufficiali della scuola nonché consegnata, sia in formato cartaceo che elettronico, agli altri allievi frequentanti o loro famiglie."

Inoltre, al momento dell'iscrizione, è richiesta agli alunni anche una liberatoria per l'utilizzo delle immagini che recita: "Atteso che l’informativa sopra esposta attiene esclusivamente alla tutela dei dati personali, con la presente liberatoria si concede all’Istituto di Istruzione scrivente, nei limiti del consenso prestato mediante la predetta informativa, il diritto di pubblicare con ogni mezzo, materiale audio, video o fotografico in cui l’allievo iscritto appaia rappresentato o comunque riconoscibile e di divulgare prodotti del suo ingegno, quali testi, disegni, lavori artistici o tecnici, senza che ne venga mai pregiudicata la dignità personale ed il decoro ".

Infine, Google fornisce un servizio di app didattiche (Google for education) sulla base di un contratto che riporta clausole standard in materia di privacy.

Risposta

Google, come qualunque piattaforma informatica, è libero di chiedere il consenso per il trattamento dei dati personali (immagini, audio, video e registrazioni) ma questo trattamento dati fuori esce dall’ambito del trattamento dati gestito dalla scuola, quindi effettuato in ambito pubblicistico. In questo senso i docenti se decidono di avvalersene lo fanno nella loro iniziativa come privati che utilizzano Google. La scuola in tutto ciò non c’entra nulla.

Non si capisce la parte sul “consenso richiesto” da dove sia stata estratta: da una liberatoria di Google ?

La liberatoria indicata al momento dell’iscrizione è nulla. La scuola non può utilizzare il consenso come base giuridica per il trattamento dati. Qualunque violazione per il trattamento dati non conforme a finalità pubblicistiche non è giustificabile per il fatto che vi sia “il consenso” prestato al momento dell’iscrizione. Non vi è alcuna norma nel nostro ordinamento che preveda il consenso prestato dal soggetto interessato quale base giuridica legittimante un trattamento dati da parte di una pubblica amministrazione, benché meno da una scuola per il trattamento dati di minori.

Nel caso delle app didattiche si tratta di un contratto in cui Google funge da responsabile esterno per il trattamento dati. In tal senso, non il consenso, bensì la sottoscrizione del contratto è la base giuridica che legittima il trattamento dei dati personali.

Buonasera,
la parte sul consenso è estratta da una liberatoria richiesta dalla scuola. Mi dice quindi che non ha validità? Eppure è predisposta dal nostro DPO.

Quindi, se la scuola vuole pubblicare foto sui social network deve solamente fornire informativa?

E se l'utente non volesse, trattandosi di trattamento ulteriore rispetto a quello richiesto per l'erogazione del servizio, come è possibile saperlo se non tramite una richiesta di consenso/liberatoria?

Risposta.

A nostro avviso la scuola non dovrebbe pubblicare foto che richiedono il consenso dell’interessato proprio perché la divulgazione di dati personali rientra per una pubblica amministrazione nell’esercizio di un potere pubblico (ex 2 ter d.lgs. n. 196 del 2003 così come modificato dal d.lgs. n. 101 del 2018).

L’informativa dovrebbe avere ad oggetto le specifiche finalità ricercate da questo trattamento dati appunto per pubblico interesse e la pubblicità delle attività scolastiche non rientra tra queste. Nonché le tecniche di pseudonimizzazione e anonimizzazione del dato personale.

Si rimanda a quanto scritto da A. Armone e S. Callà sul punto nelle riviste di Amministrare la scuola e Dirigere la scuola.

Buon pomeriggio, una dipendente chiede il rilascio dello stato matricolare come disponibile al SIDI. Siccome lo stato matricolare non è un documento che viene  normalmente rilasciato, considerato anche che le informazioni caricate non sono necessariamente corrette ed esaustive, si chiede se vi sia un obbligo da parte dell'Istituto di rilasciarne copia.

La copia è stata chiesta su indicazione di un avvocato per presentare ricorso contro la valutazione solo economica e non giuridica da parte del pre4-ruolo.

grazie

Risposta

Sì anche perché la richiesta è esaustivamente corredata (motivazione del ricorso). Peraltro la pubblica amministrazione non può mai rifiutarsi di rilasciare un certificato e, pertanto, nel caso in cui un dipendente richieda all'Amministrazione un certificato del servizio prestato o lo stato matricolare, tale documento deve essere rilasciato esclusivamente con la dicitura di cui all'art. 40, comma 2 del DPR n. 445 del 2000, ovvero “il presente certificato non può essere prodotto agli organi della Pubblica Amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”.

Tuttavia preme ricordare che i certificati di servizio, in base all'art. 15, della legge 12 novembre 2011, n. 183, è stato da tempo chiarito che lo stato di servizio (ossia la dichiarazione avente ad oggetto i contenuti dello stato matricolare e le altre informazioni concernenti l'attività lavorativa del dipendente) può essere attestato dall'interessato con autocertificazione o dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui agli artt. 465 e 47 del DPR n 445 del 2000.